Ripartenza

Abbiamo superato il lock down, ma a che prezzo 

Le imprese devono ripartire, e stanno ripartendo ma il mercato le seguirà?

Questa è la domanda che si pongono e mi pongono molti operatori della ristorazione. La maggioranza si è  evidentemente adeguata alle nuove disposizioni, ma molti ancora non hanno riaperto.

Riaprire a che condizioni?

La condizione essenziale è che con i nuovi posti disponibili si raggiunga almeno la copertura delle spese. Se tale obiettivo non è raggiungibile all’imprenditore costa meno restare chiuso.

Ho sentito affermare tutto e il contrario di tutto, da parte di chi non conosce le regole del gioco.

Un’attività di ristorazione ha una serie di spese che se non coperte portano all’inevitabile fallimento dell’impresa, facciamo un semplice elenco dei costi.

Affitto dell’ immobile 

Personale

Elettricità

Gas

Ammortamenti su cucina e arredamento

Forniture

Commercialista e consulenti

Assicurazioni

Tassa suolo pubblico

Imposte

Queste semplici voci incidono per almeno il 60\65% su quanto incassato.

Su quello che rimane poi l’imprenditore dovrà pagarci le proprie tasse.

Quindi in una fase di ripartenza come questa è fondamentale capire se l’impresa avrà incassi tali da poter sopportare i costi.

Occorre capire se esiste di nuovo un mercato.

Fotografando Roma, probabilmente un locale situato in zone non centrali ha in questo momento maggiori possibilità di ripartire rispetto ad un locale del centro storico.

Perché?

Perché in centro storico i residenti sono pochissimi, ed invece i turisti sono tantissimi, ergo la maggior parte dei locali vive con la presenza turistica. Inoltre ( dati Federalberghi) a Roma il 72% dei turisti sono stranieri.La conseguenza è che fino al ritorno dei turisti stranieri ( primavera 2021) gli operatori del centro storico se la vedranno maluccio.

E non consideriamo la diminuzione degli impiegati degli uffici che attualmente lavorano da casa.

Il quadro non è incoraggiante, anche perché gli affitti del centro storico sono più alti che in periferia creando un ulteriore gap.

Le attività familiari sopravviveranno meglio di quelle con soli dipendenti, il che vuol dire un aumento di disoccupati e cassintegrati nel settore.

Una diminuzione del fatturato nei locali porterà ad una diminuzione del fatturato di tutte le imprese collegate, i fornitori di prodotti e servizi.

Un vero disastro.

Soluzioni?

Non sono certamente risolutive le dazioni di 600 € al mese agli imprenditori o le CIG per i dipendenti ( ancora non erogate) di fronte agli affitti e alle bollette che continuano a correre.

L’unica soluzione è un adeguamento dei costi di affitti, bollette e personale  alle diminuite capacità reddituali delle imprese.

Ripartiamo da quí.

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