Che futuro per la ristorazione?

La ristorazione in Italia è un pezzo integrante della nostra cultura e dei nostri costumi sociali, da servizio fondamentale per sfamare le persone si è nel corso degli anni trasformata in luogo di aggregazione sociale.

Una volta aprire un’attività di ristorazione era certamente una occasione per guadagnare bene, man mano questa affermazione non è risultata essere più troppo corretta, tant’è che se ci si improvvisa imprenditori della ristorazione senza avere delle basi più che solide, di conoscenza e capacità gestionale, si rischia il flop.

La situazione attuale con la pandemia da COVID ha ulteriormente complicato la situazione, portando molte attività alla chiusura o ad esserne molto vicine.

Ha sofferto e ne soffre ancora molto la ristorazione legata a doppio filo al turismo, visto che l’Italia ha perso milioni e milioni di visitatori. Questo si percepisce maggiormente nelle città d’arte e nei loro centri storici.

Da romano mi ha fatto molto male vedere nel dopo lock down la piazza del Colosseo completamente senza persone, e ancor di più sentire amici ristoratori dichiarare che senza i turisti non avrebbero avuto la forza economica di andare avanti con l’attività.

Situazione diversa si rileva spostandosi nelle periferie delle grandi città e nei paesi più piccoli. La ristorazione di quartiere e di paese ha subito meno sfaceli, anzi le attività dei paesi dell’hinterland spesso hanno registrato incrementi di fatturato rispetto al 2019.

Questo in buon parte è dovuto all’influenza dello smart working, che imponendo il lavoro da casa ha riversato il consumo del caffè, del cappuccino o dell’aperitivo sui locali delle zone di residenza dei lavoratori. Molti di questi, i più giovani, nel corso dell’ultimo decennio hanno scelto di vivere in paesi dell’hinterland che avevano costi delle abitazioni più basse, di conseguenza ecco spiegato, in parte, l’incremento dei locali in queste zone.

Il rovescio della medaglia è la maggiore difficoltà per i proprietari dei locali siti  nelle zone centrali e in quelle ricche di uffici, che si sono trovati grossa difficoltà.

L’amico Giacomo Spaini mi ha messo a conoscenza di un sondaggio fatto con la sua IZI, una società specializzata in sondaggi di opinione e ricerche di mercato , insieme alla Comin & Partners società di comunicazione strategica  di comunicazione. Lo  vorrei citare:

Ristorazione e coronavirus: Due italiani su tre vanno meno al ristorante

Per quattro su dieci aumenterà il food delivery  

 

  • Il 64% degli italiani dichiara di andare meno al ristorante rispetto al periodo precedente al Covid. Solo per il 4% la frequentazione è aumentata: lo rivela un sondaggio di Izi con Comin & Partners.
  • A pesare di più sono il timore del contagio (55%) ma anche le restrizioni imposte ai ristoranti (20%).
  • Per oltre il 70% degli intervistati, il ricorso alla ristorazione a domicilio resterà invariato, rispetto ad oggi, anche una volta superata l’emergenza.

 

Roma, 2 ottobre 2020 – Oggi, due italiani su tre (64%) dichiarano di andare meno al ristorante rispetto al periodo precedente alla diffusione del Coronavirus. Solo il 32% continua ad andare a cena fuori come prima, mentre per un’esigua percentuale (4%) la frequentazione dei ristoranti è aumentata. In particolare, due terzi degli italiani cenano fuori, mediamente, il 61% in meno rispetto al pre Covid.

 

È quanto emerge da un sondaggio condotto da IZI in collaborazione con Comin & Partners, sulle abitudini degli italiani rispetto alla ristorazione nel post Coronavirus. L’indagine, da un lato, conferma le difficoltà del settore e, dall’altro, rivela l’esigenza di un ripensamento del comparto alla luce dell’aumento del fenomeno del food delivery.

 

Se prima del Covid oltre il 40% degli italiani amava andare al ristorante in gruppo, con amici o colleghi, oggi questa percentuale è scesa al 31%, a testimonianza del fatto che ciò a cui si rinuncia di più sono i momenti di maggiore convivialità. È aumentato, piuttosto, il numero degli italiani che va a cena fuori da solo o in coppia, passando dal 35% al 44%. In crescita del 3% anche la percentuale degli italiani che va al ristorante con la propria famiglia, al massimo però con soli quattro parenti.

 

Dal sondaggio emerge gli italiani vanno meno al ristorante principalmente per il timore del contagio (55%) e a seguire a causa di difficoltà economiche (25%). Pesano, tuttavia, per il 20%, anche le restrizioni imposte ai ristoranti.

 

Una volta terminata l’emergenza, per oltre la metà degli italiani (54%) la situazione relativa alla frequentazione dei ristoranti rimarrà invariata rispetto ad oggi, mentre per un quarto (24%) subirà un ulteriore calo. Il 21% del campione intervistato si dichiara invece ottimista e crede che, superato questo difficile momento, andrà addirittura di più al ristorante rispetto al pre Covid.

 

Ma quali saranno le principali tendenze che influiranno, in futuro, sul settore della ristorazione? L’indagine analizza, in particolare, com’è variata la propensione degli italiani al food delivery e rileva che, a seguito del Coronavirus, per il 38% è aumentata mentre per il 39% è rimasta come prima.

 

Per circa tre italiani su quattro (73%), inoltre, con il passare dell’emergenza il ricorso alla consegna di cibo a domicilio rimarrà invariato, rispetto ad oggi, mentre per quasi il 20% del campione intervistato aumenterà.

 

Dati, questi ultimi, che indicano come la modalità del food delivery sia destinata a consolidarsi, portando quindi il settore della ristorazione a un ripensamento delle proprie potenzialità.

Consultateli su www.cominandpartners.com e su www.izi.it

Sono dati su cui riflettere, e che dovrebbero indurci a ripensare la fruizione dei ristoranti, il comparto della ristorazione ricordo quanto sia strettamente connesso con quello dell’agroalimentare italiano. Molto spesso per molte aziende che producono eccellenze, la ristorazione rappresenta il solo canale di vendita, lo stop dei ristoranti comporta quindi ulteriori danni all’economia dell’Italia.

Il consiglio che darei ai nostri governanti è semplice,  pensare ad un nuovo modello di sviluppo, mettendo mano più che ai bonus una tantum a progetti e riforme che diano la possibilità di non dover pensare troppe ore al giorno a come derimere le questioni burocratiche, ma che diano la possibilità agli imprenditori di concentrarsi sul loro lavoro, inventando e creando occasioni che portino la gente , seguendo attentamente le prescrizioni a tutela della salute pubblica, a frequentare nuovamente le attività di ristorazione.

Salute

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