A tutta birra…

Ieri venerdì 3 marzo si è svolta dal mio amico Khaled una cena dove ai piatti scelti veniva abbinata una birra artigianale.

L’idea di organizzare questo evento mi era venuta da quando, dopo tante birre “artigianali” assaggiate e poche piaciute, ero venuto a conoscenza dell’esistenza di un piccolo birrificio nelle campagne di Nocera Umbra le cui birre ho trovato veramente buone. Quale miglior modo di comunicare a tante persone l’esistenza di San Biagio e delle sue quattro birre, se non quello di organizzare una cena in cui molte decine di  persone potessero capire la differenza organolettica tra una birra di piccola produzione ed una birra industriale. Detto fatto.

I birrifici artigianali tendono ad utilizzare  il più possibile ingredienti naturali provenienti dal territorio di loro appartenenza. Tutto questo contribuisce a creare dei prodotti che sono unici e assolutamente irripetibili.

Gli ingredienti con cui produrre la birra sono fondamentalmente: il malto d’orzo o di frumento ( ma anche di altri cerali) che viene messo in acqua e a cui vengono aggiunti il lievito per produrre la fermentazione alcolica ed il luppolo per aromatizzare.

Dopo la fermentazione la birra è pronta per essere bevuta ma ha una durata limitata nel tempo, il motivo della breve scadenza è dovuta al fatto che la birra non viene filtrata e pastorizzata diventando un ottimo terreno di coltura per i batteri acidofili, tant’è che  nella produzione industriale, il prodotto viene sottoposto ad alcuni trattamenti come la pastorizzazione ed il filtraggio che servono ad  inattivare i microrganismi che rendono non conservabile il prodotto. Le industrie poi aggiungono conservanti e stabilizzanti. Dopo questo trattamento il prodotto può essere movimentato e stoccato senza alcun problema. Il sapore della birra industriale risulta molto differente da quello della bevanda originale, chi è stato ieri sera alla cena se ne sarà reso conto perfettamente. La birra artigianale nasce proprio per recuperare questo antico sapore, che altrimenti sarebbe andato perduto.

Negli anno 80 negli Usa è scoppiato il fenomeno dei micro birrifici, forse per rispondere all’unificazione sensoriale dei grossi marchi americani come Miller o Budweiser forse perché  molti immigrati europei, volevano mantenere in vita alcune tipologie di birre che altrimenti sarebbero andate  perdute. In Europa e da noi  in Italia si sta affermando questo fenomeno che si ripromette di proporre prodotti artigianali di elevata qualità, anche se non sempre il prodotto artigianale risulta perfetto anche a causa della scarsa tecnologia utilizzata.

I piccoli birrifici italiani producono ottime e talvolta eccellenti qualità di birre. La produzione di un microbirrificio è limitata a non oltre 10000 litri annui. Troviamo due fondamentali tipi di produttori

  • le microbirrerie, che in genere non dispongono di un locale di mescita e la cui produzione è in tutto o in gran parte destinata alla vendita a locali e negozi;
  • i brewpub ovvero locali che producono birra per il consumo interno, spesso abbinato ad attività di ristorazione.

Il numero di microbirrifici è in continuo aumento, si stima che nel 2007 fossero operativi almeno 175 microbirrifici, mentre nel 2010 hanno superato le 300 unità arrivanndo a coprire circa l’1% della produzione di birra italiana. La produzione dei microbirrifici italiani nel complesso presenta una varietà notevolissima con birre ispirate ai più diversi stili internazionali. Frequente è anche la creazione di birre comprendenti ingredienti inusuali sia come materia fermentabile che come aromatizzazioni, spesso integrando produzioni locali (ad esempio farro, frutta DOP e IGP). Esempio significativo l’uso delle castagne, utilizzate in un numero di birre che non trova riscontri in altre nazioni produttrici.
L’uso di produzioni locali in certi casi è esteso anche agli ingredienti tradizionali, con uso di malto ottenuto da cereali locali, maltazione effettuata in proprio, e esperimenti con la coltivazione del luppolo. Una grande diffusione sta ottenendo anche il mais, spesso utilizzato dall’industria per contenere i costi, ma che in ambito artigianale diventa una materia prima di alto pregio utilizzando varietà antiche come lo “sponcio”, il “pignoletto” o il “marano”.

Il micro birrificio San Biagio l’ho scelto dopo averlo visitato e dopo aver parlato a lungo con il loro mastro birraio che ha condiviso con me le proprie idee e le aspirazioni e mi ha spiegato la filosofia di produzione  nel rispetto della migliore tradizione brassicola dei monaci ma con utilizzo di mezzi moderni. Dopo la prima fermentazione in tini di acciaio inox, la birra viene imbottigliata e posta a rifermentare. La rifermentazione in bottiglia, il sapiente dosaggio di mosti e l’attenzione durante la stagionatura conferiscono le caratteristiche peculiari espresse da colori, profumi e gusto autentici e unici. Estrema attenzione e cura viene impiegata nella scelta delle materie prime: l’orzo biologico proveniente dalla produzione propria e locale, e l’acqua, quella di Nocera Umbra, dalle proprietà uniche e terapeutiche, assicurano inoltre un basso impatto ambientale ed una sicura tracciabilità. Vengono inoltre impiegati luppoli selezionati da aziende italiane e i migliori lieviti.
Oltre alla birra monastica classica, che costituisce l’emblema del birrificio, nel laboratorio si producono altre birre tradizionali artigianali, non filtrate e non pastorizzate, tutte rifermentate, in bottiglie champagnotte, con tappo di sughero. Ecco in sintesi le caratteristiche delle birre:
…SAN BIAGIO MONASTA: birra di tradizione monacale, ambrata, doppio malto con 7% di vol. alcolico, realizzata con il sistema dell’alta fermentazione e rifermentata in bottiglia. La ricetta è quella tramandata nei documenti del monastero.
…SAN BIAGIO GAUDENS: come dice il nome latino, vuole essere una birra che apporta gaudio, gioia. È una pilsner chiara da 5 gradi alcolici, realizzata in regime di alta fermentazione, ma anch’essa rifermentata in bottiglia.
…SAN BIAGIO VERBUM: il nome latino significa parola, verbo e vuole richiamare la caratteristica di questa birra: aprire al dialogo. E’ una birra di frumento, chiara, con gradazione di 5 radi alcolici, anch’essa rifermentata in bottiglia.
….SAN BIAGIO AMBAR: è una dunkel scura con 5% di alcool, prodotta a bassa fermentazione e rifermentata in bottiglia. Viene utilizzata una ricetta particolare con una miscela di differenti malti che conferiscono il colore scuro e danno un aroma che ricorda il caffè tostato.

La struttura di produzione  sorge nel cuore dell’Umbria, nel Parco del Monte Subasio vicino a Nocera Umbra, a pochissimi chilometri da Assisi. I primi documenti che parlano della canonica Ecclesiae San Blasii risalgono all’inizio del 1300; caduta in disuso e in stato di abbandono, è stata di recente riportata al suo antico splendore, creando una struttura di accoglienza completa e raffinata, all’interno della quale si colloca il laboratorio di produzione della birra artigianale. Il tutto si trova all’interno di un’azienda agricola e biologica di 150 ettari, proprio nei luoghi in cui visse e predicò il giovane Francesco d’Assisi. E proprio da una ricerca attenta nella storia del Monastero è stata ricavata una ricetta di riferimento per la produzione di una bevanda che ne rispecchi la natura mistica e produttiva e, come nell’antichità, ancora oggi possa essere nutrimento e ristoro.

Invito tutti i frequentatori del blog a segnalare birre che secondo loro meritano attenzione e di cui parlerò volentieri.

Salute

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