A proposito di Street Food

Per chi come me opera nel vasto mondo del food e del beverage, la parola street food risveglia varie esperienze e a volte assume differenti significati.
Negli ultimi due anni, causa crisi economica, molti lavoratori rimasti senza posto si sono “inventati” lo street food. Ovvero nel termine più ampio un luogo ( su ruote o meno) dove cucinare piatti semplici, buoni e poco costosi. Vedendo il successo e i costi di gestione decisamente più bassi (avete idea di quanto occorre investire oggi per aprire una normale attività di ristorazione?) anche molti nomi importanti si sono avvicinati all’idea di realizzare uno spazio dove con un basso investimento si potesse realizzare un margine di guadagno più alto.
Se girate su internet troverete proposte di apertura di locali simil franchising dove vengono subito evidenziati i bassi costi di impianto, i bassi costi di gestione e gli alti margini di guadagno. Si perché spessissimo si utilizzano materie prime di buona qualità ma con costi decisamente abbordabili. Se poi volete rilanciare nel verso della proposta di “alta fascia gourmet” il gioco è facile.
In realtà un po’ dappertutto in Italia il cibo che si poteva consumare passeggiando è sempre esistito, le rosticcerie, le pizzerie a taglio, i negozi di alimentari hanno sempre proposto cibi facilmente gestibili anche durante una camminata.
Penso alle camminate per Venezia e agli spuncioni, in giro per le vie di Trieste e nei vicoli dietro Piazza dell’ Unità i localini che proponevano stuzzichini e appetizers, il gnocco fritto emiliano, le tigelle modenesi, le piadine dei baracchini romagnoli, le patatine fritte e i wurstel proposti dalle roulotte sul litorale adriatico marchigiano e abruzzese, il panino con il lampredotto a Firenze, gli arrosticini preparati di fronte a te nei paesi abruzzesi, i supplì e I filetti di baccalà nelle rosticcerie romane, il panino con la porchetta nella mitica Ariccia, la pizza a taglio di Terni,la pizza fritta a Napoli, i panini con la milza a Palermo,gli arancini a Messina e Catania. Solo per citare i primi che mi vengono in mente e che non rendono giustizia a tutte le altre località italiane che hanno qualcosa di altrettanto noto e gustoso.
L’Italia ha sicuramente una lunga e gloriosa tradizione in questo segmento. La crisi economica ha secondo me dato la spinta affinché molti imprenditori si lanciassero in questa nuova sfida. Un mercato più povero ma che non può rinunciare a mangiare. Se lo vesto bene, lo ammanto di qualità, punto sulla riscoperta di antichi sapori e di tradizioni, non posso fallire. La richiesta di un cibo sano e buono è urlata da milioni di consumatori ogni giorno.
Ecco allora che gli allestitori di truck food, si lanciano su proposte più semplici e guarda caso in Italia a suo tempo si è inventato l’autocarro più versatile il motocarro e si riscopre l’Ape Piaggio.
Mezzo pratico, poco costoso, di semplice ed economica manutenzione. Nelle zone a ZTL dei centri storici visto che si tratta di “ moto” può entrare senza pagare costosi ticket, ha portate spaventose fino a 9 quintali, insomma il mezzo ideale. Ed ecco quindi il proliferare di Ape…qualcosa che identifica il mezzo con il tipo di cucina che si propone. Da esperto di marketing dico che è un intuizione pazzesca.
Il messaggio che passa è quindi di libertà. Libertà perché consumo cibo in modo informale, in ogni luogo, ad un costo abbordabilissimo , lo scelgo perché sono in grado di capire subito la proposta gastronomica, non c’è servizio e quindi sono libero di mangiarlo come voglio.
Quindi condito con la salsa della libertà questo cibo diventa anche più buono. E devo dire che buono lo è davvero soprattutto quando troviamo lo zampino di qualche chef di grido, che o in prima persona o da dietro le quinte anima queste proposte gastronomiche. Facendo una ricerca sulle ricette e sulle materie prime che sono il punto di partenza con cui fare la differenza.
Eppure soprattutto nella mia Roma, i camioncini dei panini sono una realtà storica. Chissà perché evitata dai romani come la peste specie se legata ad una precisa famiglia romana che ha legato il suo nome a questo business. Forse perché si veniva sottoposti a dei listini esagerati? Forse perché la qualità non era il massimo? Lascio a voi la risposta.
Certamente “ paninari indipendenti”, appostati in zone meno centrali ma spesso ugualmente affollate, e con proposte qualitativamente azzeccate hanno funzionato. Concedendo una buona pausa pranzo a molti.
Il boom attuale è partito con il lancio di proposte alternative al solito panino o alla solita pizzetta.
Intuisco che sia stato anche più facile aprire un apecar tutto incluso, piuttosto che lottare con la burocrazia per aprire un piccolo spazio di 15 metri quadri con affitti da incubo e centomila adempimenti da fare.
Il risultato in termini di fatturato sarebbe stato lo stesso ma con costi più alti per l’utente e minori guadagni per l’operatore.
Il consiglio che do sempre a tutti gli operatori è di puntare sempre sulla qualità, nelle materie prime e nel trasformato. Le scorciatoie nel modo della ristorazione non pagano e il cliente oltre che avere sempre ragione non è stupido. Ai clienti consiglio di provare e riprovare, ma soprattutto di contestare sempre un piatto palesemente malfatto.
Per tutti ricordo che il passaparola è la migliore comunicazione.
Allora W LO STREET FOOD .
Salute

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