BIO ……Bono
Con questa espressione non voglio suscitare l’irritazione dei credenti, bensì portare alla vostra attenzione un aspetto che sto riscontrando spesso quando si parla di vini bio.
Sicuramente dobbiamo partire dal fatto che in realtà il termine vino bio non identifica granchè dato che per le leggi italiane esistono i vini provenienti da “uve coltivate con agricoltura biologica”, ma la vinificazione?
Effettivamente esistono delle cantine che hanno fatto certificare la fase di vinificazione e di conseguenza la cantina come bio ( in questi giorni la Cantina Bacco scrl di Nettuno ha ottenuto la certificazione), ma più spesso ci dobbiamo fidare del produttore che spesso etichetta il vino ottenuto come “ vino naturale”, perché ha deciso di non utilizzare lieviti selezionati, di applicare i vecchi sistemi di vinificazione del nonno,di non filtrare il vino e così via. Dal punto di vista enologico un salto all’indietro di decenni, che rischia di farci bere un vino sincero e genuino ma non sempre buono dal punto di vista del palato.
Qualcuno potrebbe domandarsi se è meglio scegliere un vino buono ma ottenuto con l’ausilio della chimica, oppure un vino meno buono, a volte cattivo, ma ottenuto senza ausili, polverine e chissà quale altra diavoleria. Se tale domanda fosse rivolta a me non avrei esitazioni su come rispondere: cerchiamo un produttore che ha fatto un vino buono, con uve certificate provenienti da agricoltura biologica, e vinificato in una cantina con tecnologie all’avanguardia in possesso della certificazione di vinificazione biologica.
Cosa voglio affermare con questo assunto?
Dividiamo il problema in più parti:
innanzitutto la “ chimica” non è sempre una parolaccia, ma spesso è la codificazione scientifica di un fenomeno naturale. Nel nostro caso quando da un acino di uva schiacciato fuoriesce il succo ricco di zucchero i lieviti presenti nell’aria nutrendosi dello zucchero lo metabolizzano trasformandolo in alcol e anidride carbonica più altri cataboliti, questo fenomeno naturale è la fermentazione alcolica .
Questo è quanto fanno i produttori di vino naturale, ma anche la cantina più attrezzata. Stiamo fotografando la realizzazione di un fenomeno naturale che però è anche una reazione chimica, anzi se vogliamo “biochimica”. Forse se utilizzassimo più spesso questa parola rassicureremmo enormemente i consumatori.
Un ceppo di lievito selezionato è classificabile come bio, oppure si tratta di una specie di Frankenstein microscopico. Qui i pareri sono molti, e a volte anche discordanti, personalmente sono dell’idea che se il lievito selezionato è di origine naturale, tra i vari ceppi possibili uno si è dimostrato migliore degli altri e di conseguenza lo si è isolato e riprodotto per migliorare la vita all’enologo e la qualità del prodotto , ebbene penso che si possa parlare di euchimica e di naturale, quindi ben venga.
Se invece il ceppo di lievito selezionato e frutto di ingegneria genetica, e magari costruito in laboratorio mettendosi a mescolare il DNA di vari organismi per ottenere un super lievito, sono contrario perché contrasterebbe con la filosofia di produzione bio.
Veniamo all’aspetto tecnologico, per fortuna dell’umanità oggi l’Homo sapiens sapiens riesce a dominare una certa tecnologia, e di conseguenza molte cose che si utilizzavano 3000, 2000, 1000, anni fa sono per forza di cose divenute obsolete e paradossali, quindi sono contrario all’uso commerciale di orci di coccio, anfore, vecchie botti che danno vini troppo variabili e secondo il mio palato assolutamente sgradevoli.
Un silos in acciaio inox, a temperatura controllata, con la possibilità di far decantare le feccie con facilità, facilmente igienizzabile , in grado di generare un vino con bassa carica batterica, è forse meno fascinoso di un a vecchia botte, ma credetemi ci donerà un vino assolutamente gradevole per il palato di tutti.
Da quanto esposto dovrebbe esservi chiara la mia chiave di lettura, scegliete vini buoni al palato, sicuramente saranno usciti dalla cantina di un produttore che si è dotato di un minimo di tecnologia che gli ha permesso di valorizzare al massimo la qualità dell’uva ottenuta con molti più sacrifici da una coltivazione rispondente ai dettami del l’agricoltura biologica.
Il consumatore deve essere informato di queste differenze, non ho più voglia di sentirmi dire che i vini biologici sono cattivi perché molti operatori hanno spacciato e spacciano vini bio naturali prodotti male con un gusto sul palato pessimo, spesso venduto come il vero vino, i vini bio o non bio sono buoni se ben fatti e possono essere cattivi se prodotti male. Scegliamo i produttori che hanno investito in soldi e fatica per darci un vino piacevole. Vorrei citare un noto guru del mondo del vino italiano, che nel corso di una intervista che mi ha rilasciato affermava “ non capisco come da un frutto dolce e piacevole come l’uva qualcuno riesca ad ottenere dei vini acidi, amari e assolutamente sgradevoli”. Ho conosciuto anche alcuni produttori che pur essendo certificati bio, non lo scrivono sull’etichetta perché per il loro mercato sarebbe negativo, in quanto molti consumatori credono ancora nell’equazione bio = meno buono del tradizionale.
E’ per questo che quando trovo degli operatori della ristorazione che saltano il fossato e decidono di proporre solo vini bio ai loro clienti andandoli a scegliere tra le proposte più interessanti che il mercato offre, puntando sui vini piacevoli e di qualità non posso fare a meno di citarli e dare loro tutto l’aiuto possibile. E’ questo il caso del l’associazione culturale KINA ART CAFE’ di Marino ( www.kinartcafe.com), in provincia di Roma patria di un famoso vino , che da questo venerdì ha introdotto una carta dei vini con solo prodotti bio, e addirittura due vini senza solfiti aggiunti dei quali abbiamo già parlato su questo blog.
Quindi ricordatevi di scegliere con la testa e con il palato , bio…..bono
Salute